La controversia oggetto della sentenza in commento trae origine da un furto di un Caravan avvenuto all’interno di un’autorimessa a pagamento.
Dopo aver indennizzato sulla base di una polizza per il furto il proprietario del veicolo, l’assicuratore ha agito in surroga, ai sensi dell’art. 1916 c.c., nei confronti del gestore del parcheggio per il rimborso della somma corrisposta al depositante.
Il Tribunale di Milano che, con la sentenza 22 aprile 2020, n. 251, si è occupato del caso in questione, ha cercato di dare una risposta alla domanda se il gestore dell’autorimessa fosse tenuto o meno al risarcimento del danno per il furto.
Nel corso del giudizio, quest’ultimo ha tentato di negare la propria responsabilità partendo dall’assunto che il posteggio a pagamento di un veicolo non comporta per il gestore l’obbligo di custodirlo, facendo rimando alla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 14319/2011.
Tuttavia, a conclusione della causa, rispondendo positivamente alla suddetta domanda, il Tribunale ha ritenuto il gestore dell’autorimessa responsabile e tenuto al risarcimento del danno per il furto avvenuto in essa.
Conformandosi alla prevalente giurisprudenza della Corte, il Giudice di primo grado ha ritenuto che anche al contratto atipico di parcheggio siano applicabili le norme previste per quello di deposito; pertanto, ai sensi dell’art. 1766 c.c., il custode è tenuto a restituire la cosa nello stato in cui si trovava al momento della consegna.
Conseguentemente, in caso di furto, egli è tenuto a risarcire il danno, se non prova che l’evento fosse imprevedibile e inevitabile, nonostante l’uso della diligenza del buon padre di famiglia.
Per il perfezionamento del contratto e il conseguente sorgere dell’obbligo di custodia non è necessaria la consegna del veicolo ad una persona fisica, ma è sufficiente l’immissione del veicolo nell’area a ciò adibita e il pagamento del prezzo con una delle modalità previste dal gestore dell’autorimessa.
Tale ultimo concetto è stato ribadito anche dalla recente giurisprudenza della Corte che ha sottolineato come non sia necessario l’affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può materialmente realizzarsi attraverso la sua immissione nell’area adibita a parcheggio, previo perfezionamento del contratto mediante introduzione di denaro nell’apposito Meccanismo.
Inoltre, la clausola che esclude la responsabilità del gestore del parcheggio per il furto di un’autovettura, che spesso vediamo affissa nelle autorimesse, ha carattere vessatorio ed è inefficace se non approvata specificamente per iscritto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
Sezione Settima Civile
In funzione di giudice unico nella persona del dott. Federico SALMERI ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa da:
V.A. SPA, CF/PI: (…), con gli avv.ti
-attrice-
CONTRO
A.C. SRL IN LIQUIDAZIONE, CF/PI: (…), con l’avv.
-convenuta-
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Sui fatti di causa.
Il 15.7.2009 il sig. A.A., proprietario del veicolo Autocaravan Giottiline therry T40, tg. (…), ha stipulato con la V.A. S.p.a. la polizza n. (…) a garanzia della responsabilità civile e dei rischi furto e incendio (doc. 1 parte attrice).
Il 10.07.2010 il sig. A., accortosi di aver subito il furto del predetto Autocaravan, ha denunciato l’accaduto al Comando dei Carabinieri di Corsico (cfr. doc. 3 parte attrice).
Successivamente, il sig. A. ha denunciato il sinistro anche alla compagnia V.A.. L’attrice, ricevuta la denuncia di sinistro e verificata la proprietà del veicolo in questione (mediante disamina della relativa documentazione), ha incaricato la società C.I. di svolgere accertamenti, all’esito dei quali ha provveduto ad indennizzare il signor A. della somma complessiva di Euro 30.402,00, a mezzo bonifico bancario effettuato in data 13.10.2010 (doc. 6 parte attrice).
Dopodiché, l’attrice ha contattato l’A.C., presso cui il Sig. A. ha dichiarato di aver parcheggiato l’Autocaravan prima del furto, comunicando di aver provveduto all’indennizzo dell’assicurato e chiedendo il rimborso di tale somma in virtù del diritto di surroga nelle ragioni di quest’ultimo ex art. 1916 c.c.; tale pretesa è stata tuttavia respinta dall’A. (cfr. doc. 7, 8, 9, 10 parte attrice).
Per tali ragioni, la V.A. ha dato ingresso all’odierna controversia di merito avverso l’A.C., chiedendo l’accertamento della responsabilità della convenuta per il furto del predetto Autocaravan, nonché la condanna di quest’ultima al rimborso dell’indennizzo corrisposto al sig. A. pari ad Euro 30.402,00.
La convenuta, costituitasi con comparsa di costituzione e risposta, ha invece richiesto -in via preliminare- di dichiararsi l’improcedibilità della domanda perché l’attore non ha esperito il procedimento di negoziazione assistita, e -nel merito- il rigetto delle domande attoree, deducendo che: (i) parte attrice non ha dato prova del contratto di parcheggio, né di dove si trovasse l’Autocaravan al momento del furto; (ii) in ogni caso non sarebbe configurabile alcun obbligo di custodia in capo all’A.C.; (iii) il quantum debeatur non sarebbe stato provato da parte attrice.
Di talché, concessi i termini ex art. 183 sesto comma c.p.c. e depositate le relative memorie di parte, il Tribunale ha ammesso con ordinanza la prova per testi richiesta da parte attrice. Esaurita l’escussione dei testi, ritenuta la causa matura per la decisione, il Tribunale ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni, in occasione della quale sono stati concessi i termini ex art. 190 c.p.c.. Depositate le memorie di cui alla suddetta norma, la causa viene decisa sulla scorta delle seguenti motivazioni.
2. Sull’eccezione preliminare di mancato esperimento della negoziazione assistita.
Parte convenuta ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità delle domande dell’attrice, perché quest’ultima non ha esperito il procedimento di negoziazione assistita. L’eccezione è infondata.
Come già evidenziato dal Tribunale, “l’eccepita omissione circa la mancanza di invito alla negoziazione assistita non appare fondata, in quanto eccezione di natura meramente formale, atteso che parte convenuta (come del resto precisato a verbale) nulla ha dedotto in merito ad un serio interesse a condurre una eventuale negoziazione di comune accordo per permettere alle parti di trovare rapidamente e consensualmente una soluzione bonaria alla controversia, senza sopportare i costi, tempi e rischi di un giudizio; l’eccezione si appalesa dunque meramente dilatoria, tanto è vero che parte convenuta non ha nemmeno in udienza rappresentato alcuna ipotesi transattiva della causa, potendo così verosimilmente presumere che nemmeno in sede di negoziazione assistita sarebbe possibile giungere ad un componimento bonario” (cfr. ordinanza del 27.09.2018).
Lo svolgimento dell’odierno processo ne è la conferma: il Tribunale ha infatti sollecitato le parti ad una definizione bonaria della controversia, con formale Provv. del 31 gennaio 2019. Ciononostante, le parti (e dunque anche l’A.C.) non hanno mai accolto l’invito del Tribunale, ciò dimostrando inconfutabilmente il disinteresse della convenuta ad un componimento bonario della vicenda.
Del resto tale disinteresse era emerso sin dalla prima udienza, in occasione della quale la convenuta aveva espressamene rappresentato che: “La parte convenuta manifesta sin d’ora la propria indisponibilità a definire la causa in via conciliativa con ciò dando atto della inutilità della procedura di negoziazione assistita la cui eccezione è stata sollevata a soli fini formali e senza alcun intendimento conciliativo e deflattivo”.
E’ pertanto la stessa parte convenuta a dare atto della inutilità della procedura di negoziazione assistita, dichiarazione quest’ultima che si pone in aperta contraddizione con la conclusione formulata dalla convenuta che ancora insiste, come sopra riportato, per l’eccezione preliminare in esame.
In realtà, la predetta dichiarazione a verbale va interpretata come una rinuncia alla eccezione di improcedibilità, non avendo l’A. mai avuto alcun intendimento conciliativo e deflattivo. Non si coglie dunque l’interesse sotteso all’eccezione in esame, che dovrebbe tendere ad avviare trattative tra le parti, tuttavia mai iniziate nemmeno a fronte del sollecito del Tribunale con l’ordinanza del 31 gennaio 2019.
Se pertanto la convenuta non ha mai manifestato un serio interesse ad avviare trattative con l’attrice, l’eccezione in esame non può che essere svolta con fini diversi da quelli propri del D.L. n. 132 del 2014 conv. in L. n. 162 del 2014, in materia di negoziazione assistita, come ammesso dalla stessa convenuta che a verbale ha dichiarato che l’eccezione è stata sollevata a soli fini formali.
Ed allora trattasi di ipotesi di abuso del diritto processuale, in quanto l’eccezione appare di natura meramente dilatoria e non seriamente svolta in conformità al fine proprio dello strumento della negoziazione assistita, ma con finalità diverse e ulteriori rispetto a quelle perseguite dal citato D.L. n. 132 del 2014.
Il Tribunale ritiene pertanto infondata l’eccezione in esame, considerata la necessità di interpretare le norme di procedura civile in conformità al principio di economia processuale e dunque senza sprechi di energie giurisdizionali o inutili dilatazioni dei tempi di definizione della causa.
Del resto, l’accoglimento dell’eccezione preliminare dell’A.C. avrebbe comportato un’inutile sospensione del processo e dunque un’estensione dei tempi della controversia, posto che – si ribadisce- l’A.C. non ha mai manifestato alcun serio interesse nemmeno all’avvio di trattative.
A conferma, si cita la giurisprudenza di legittimità sul punto e, in particolare, una sentenza in cui la Corte di Cassazione ha chiarito mutatis mutandis come valutare eccezioni concernenti violazioni processuali aventi natura meramente formale e defatigatoria: “(…)la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, potendo trovare applicazione la sanzione di nullità solo nel caso in cui l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa che abbia avuto riflessi sulla decisione di merito” (cfr Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 4340 del 23/02/2010; id. Sez. 2, Sentenza n. 3024 del 07/02/2011; id. Sez. L, Sentenza n. 6330 del 19/03/2014; id. Sez. 5, Sentenza n. 26831 del 18/12/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 26157 del 12/12/2014). I principi informatori del processo civile, ed in particolare i principi del “giusto” processo e della “ragionevole durata” del processo (art. 111 Cost.) impongono, infatti, di evitare per quanto possibile lo svolgimento di attività processuale inutile, circoscrivendo gli effetti della invalidità caducante dell’intera attività fino ad allora svolta, ai soli vizi processuali che risultino “effettivamente” insanabili in quanto suscettibili di determinare una effettiva compromissione del risultato cui deve tendere il giudizio, volto a rendere alle parti una decisione “giusta” ossia una regola del rapporto di diritto sostanziale controverso che risponda al canone di giustizia prefissato dall’ordinamento giuridico. Ne segue che non può condividersi l’assioma “inosservanza della norma processuale – errore nell’attività processuale – “automatica” invalidazione dell’attività successiva”, difettando in tale equazione l’elemento eziologico intermedio dato dall’effettivo insanabile pregiudizio subito dalla parte, il quale soltanto può giustificare la sanzione della nullità processuale con la caducazione di tutti gli atti conseguenziali (…).” (cfr. C. Cass. Sentenza n. 18522/2018 pag. 11 e 12).
Conseguentemente, la predetta eccezione d’improcedibilità dev’essere rigettata.
3. Sul contratto di parcheggio intercorrente tra le parti e sulla presenza dell’Autocaravan presso l’A.C. al momento del furto.
Il contratto di parcheggio intercorrente tra il Sig. A. e la convenuta risulta provato dalle dichiarazioni rese dai testi all’udienza istruttoria del 10 aprile 2019, in risposta ai capitoli di prova formulati da parte attrice nella seconda memoria ex art. 183 sesto comma c.p.c. e ammessi con ordinanza del 31.01.2019.
Più nello specifico, in riposta al capitolo di prova n. 2, concernente il contratto di parcheggio concordato oralmente tra il Sig A. e il Sig. G.D. (allora titolare dell’A.C.), il Sig. A. ha reso la seguente testimonianza: “E’ vero, avevo concordato con il titolare dall’A.C. il corrispettivo di Euro 50,00 al mese per parcheggiare il mio caravan presso la sua A.. ADR: questo circa otto o nove anni fa. Poi ho parcheggiato lì il mio caravan per circa un anno ed ogni mese davo i 50,00 Euro in contanti, li lasciavo a dei ragazzi che erano nella A. e nessuno mi faceva ricevuta. Io per entrare avevo la chiave perché lì c’era un cancello”.
Da tale dichiarazione risulta, dunque, che il Sig. A. e il titolare dell’A.C. hanno stipulato un contratto orale al fine di consentire al Sig. A. di posteggiare il proprio Autocaravan presso l’A. convenuta, dietro il corrispettivo di Euro 50 al mese.
Sempre dalle dichiarazioni del Sig. A., rese all’udienza del 10 aprile 2019 in risposta ai capitoli di prova formulati da parte attrice, risulta provato che l’Autocaravan era parcheggiato presso l’A. al momento del furto.
Più nello specifico, in risposta al capitolo di prova n. 3, il Sig. A. ha confermato le fotografie mostrategli (cfr. foto da 3 a 9 sub. doc. 11 parte attrice), raffiguranti il cortile dove era parcheggiato l’Autocaravan.
Tali fotografie sono state confermate anche dal secondo teste, il Sig. I.M. (l’incaricato della società C.I. che ha redatto la relazione sub doc. 11 di parte attrice), il quale ha affermato quanto segue in risposta al capitolo di prova n. 3: “Ho fatto io personalmente le foto che mi si rammostrano (foto da 3 a 9 doc. 11 fasc. attrice)”.
Inoltre, con il capitolo di prova n. 4 l’attrice ha chiesto al Sig. A. di confermare che: “In data 8.7.2010 il veicolo Autocaravan Giottiline therry T40, tg. (…) di proprietà del signor A.A., si trovava parcheggiato, chiuso a chiave, presso l’A.C. s.r.l. sita in C., via G. D. V. n. 10, in area privata dotata di cancello e accesso privato (cfr. fotografia n. 9 – doc. 11)”. A tale domanda, il Sig. A. ha risposto affermativamente, confermando il capitolo (cfr. verbale dell’udienza del 10 aprile 2019).
In merito a tali dichiarazioni, il Tribunale ritiene infondate le eccezioni della convenuta concernenti l’incapacità a testimoniare del Sig. A. ex art. 246 c.p.c. e la sua inattendibilità.
In riferimento alla capacità di testimoniare del Sig. A., preme evidenziare che, come chiarito dalla Corte di Cassazione, “L’incapacità a deporre prevista dall’art. 246 c.p.c. si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione, non avendo, invece, rilevanza l’interesse di fatto a un determinato esito del processo – salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto a fare nella valutazione dell’attendibilità del teste – né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio” (cfr. C. Cass. sentenza n. 167/2018).
Ebbene, considerato che nel caso di specie il Sig. A. non potrebbe prendere parte al presente giudizio instaurato dall’Assicurazione nei confronti dell’A.C., è da escludersi l’incapacità di quest’ultimo a testimoniare.
Si precisa poi che l’attendibilità del teste, a differenza dell’incapacità, non attiene all’interesse giuridico che potrebbe legittimarne la partecipazione al giudizio, ma “afferisce alla veridicità della deposizione resa dallo stesso – forma oggetto di una valutazione discrezionale che il giudice compie alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite) (…)” (cfr. Cass. sentenza n. 7623/2016).
Ebbene, nel caso di specie non sussiste alcun motivo di natura soggettiva per dubitare dell’attendibilità del Sig. A.: è inverosimile che lo stesso avesse interesse a coinvolgere nella vicenda per cui è causa l’A. convenuta, considerato che il Sig. A. sarebbe stato comunque integralmente indennizzato dalla compagnia assicurativa in caso di furto, a prescindere da dove si trovava il veicolo al momento del furto o dall’individuazione di un preciso responsabile (cfr. doc. 1 parte attrice).
Nelle dichiarazioni del Sig. A. non emergono neanche elementi oggettivi tali da giustificarne un giudizio d’inattendibilità, a differenza di quanto asserito dalla convenuta.
Tale pretesa inattendibilità, infatti, troverebbe riscontro nell’asserita incoerenza e contraddittorietà tra quanto dichiarato dal Sig. A. dapprima nella denuncia sporta presso il Comando dei Carabinieri di Corsico e successivamente alla società C.I. con particolare riferimento al luogo esatto di parcheggio dell’Autocaravan; segnatamente: nella denuncia del 10.7.2010 si legge che “il camper era regolarmente chiuso a chiave all’interno di un box” (cfr. doc. n. 3 parte attrice); mentre nelle dichiarazioni rese all’assicurazione in data 21.7.2010 si legge: “Preciso che si trovava in detto luogo posteggiato all’interno del cortile dell’A., incustodito in quanto fuori dal silos” (cfr. doc. n. 2 parte attrice, per come poi riportato nella relazione sub doc. n. 11 parte attrice).
Ebbene, l’inesattezza riscontrabile nella denuncia, resa di fronte ai Carabinieri poco dopo il furto e dunque verosimilmente nella concitazione del momento, non può influire sull’attendibilità del teste, in quanto non manifesta una reale contraddizione sull’oggetto di prova: ciò che rileva è che il sig. A. abbia sempre dichiarato di fronte al giudice, ai Carabinieri, alla compagnia assicurativa e alla società C.I. che, al momento del furto, il Caravan era posteggiato presso l’A.C. e dunque in luogo privato e recintato gestito dalla convenuta e per questo sotto la sua responsabilità (come sarà esposto in seguito).
Sono inoltre infondate le asserzioni di parte convenuta concernenti la mancata esplicita menzione dell’A.C. nella denuncia di furto. In realtà il Sig. A., pur non avendo nominato espressamente l’A., ha comunque riferito che “il fatto è avvenuto a C. (M.), VIA V. n. 10”, dove ha sede l’A. convenuta (cfr. doc. 3 di parte attrice).
Il Tribunale ritiene pertanto provato il contratto di parcheggio, nonché la presenza dell’Autocaravan al momento del furto all’interno di uno spazio gestito dall’A..
E’ peraltro inconferente accertare se la convenuta sia o meno locataria del cortile in cui è stato parcheggiato il veicolo (cfr. pagg. 3 e 4 comparsa conclusionale A.C.): del resto, il contratto di locazione menzionato dalla convenuta dimostra solo quali locali erano oggetto di locazione, ma nulla prova in merito ai locali che erano comunque nella disponibilità dell’A.C..
Peraltro, come emerge dalle foto allegate alla relazione della società C.I. (cfr. sub. doc. 11 di parte attrice) e confermate dai testi Sig. A. e Sig. I.M. (cfr. verbale udienza 10 aprile 2019), il cortile risultava comunque chiuso da un cancello recante la scritta “AREA PRIVATA P RISERVATO CLIENTI GARAGE” (cfr. foto 9 sub doc. 11 parte attrice): dunque, dalla predetta documentazione fotografica emerge che il cortile era comunque gestito dall’A. e che quell’area era nella disponibilità della convenuta, quindi sotto la sua responsabilità.
Parimenti, sono inconferenti le osservazioni di parte convenuta concernenti l’altezza del Silos (cfr. pag. 3 comparsa di costituzione) e la conseguente impossibilità di custodire l’Autocaravan al suo interno (perché troppo alto per il box), posto che l’attrice ha sempre dedotto che il veicolo in questione al momento del furto si trovava all’esterno del Silos, presso il cortile gestito e nella disponibilità dell’A..
Peraltro, come già esposto, tale collocazione è stata confermata anche dal Sig. A. all’udienza del 10 aprile 2019.
4. Sulla responsabilità della convenuta per il furto e sul conseguente diritto di surroga dell’attrice ex 1916 c.c.
Accertata la vigenza di un contratto di parcheggio tra le parti e provata la presenza dell’Autocaravan presso l’A.C. al momento del furto, quest’ultima deve ritenersi responsabile, trovando applicazione al caso di specie la disciplina del contratto di deposito.
La Corte di Cassazione ha affermando al riguardo che: “Al contratto atipico di parcheggio si applicano le norme relative al contratto di deposito, sicché il depositario assume verso il depositante l’obbligo di restituzione della cosa nello stato in cui è stata consegnata, nonché, in caso di sottrazione, quello di risarcimento del danno, salvo che provi l’imprevedibilità e l’inevitabilità della perdita, nonostante l’uso della diligenza del buon padre di famiglia, e dunque la non imputabilità dell’inadempimento” (cfr. C. Cass. sentenza n. 22807/2014).
Ebbene, sulla scorta di tale principio giurisprudenziale, deve riconoscersi la responsabilità della convenuta, poiché: (i) l’A. era gravata da un obbligo di custodia sull’Autocaravan; (ii) il furto del veicolo all’interno dell’A. non può considerarsi un evento imprevedibile per il gestore della stessa; (iii) in ogni caso, la convenuta non ha provato l’imprevedibilità e l’inevitabilità del furto; (iv) la convenuta non ha provato di aver adottato tutte le cautele richieste dalla diligenza del buon padre di famiglia. In particolare, il sistema di sorveglianza non è risultato idoneo ad evitare il furto di un veicolo di ingenti dimensioni, né è stata provata la presenza di un efficace e adeguato sistema di allarme, di controllo degli accessi o di videosorveglianza. Anzi, è emersa l’inadeguatezza del sistema di videosorveglianza dalla relazione della società C.I., in cui si riporta che le telecamere di sorveglianza, anche se funzionanti, non avrebbero registrato nulla, o meglio la relativa registrazione “era apparsa oscurata” al tecnico incaricato di visionarla (cfr. pag. 6 sub. doc. 11 parte attrice). Tale specifico fatto non è mai stato smentito dalla convenuta.
Inoltre, sono inconferenti le argomentazioni della convenuta concernenti l’esonero della stessa da qualsiasi obbligo di custodia sul veicolo. Queste argomentazioni sono basate su alcuni passaggi della sentenza delle Sezioni Unite n. 14319/2011: tuttavia, tale sentenza è riferita alla diversa fattispecie delle aree di sosta a pagamento istituite dai Comuni e non all’ipotesi di un parcheggio privato (come nel caso di specie).
Inoltre, a differenza di quanto sostenuto dalla convenuta, la sentenza citata, valorizzando la nozione di causa in concreto del contratto, ha in realtà riconosciuto la presenza di un obbligo di custodia in capo al gestore del parcheggio, salvo che non risulti esposto un chiaro avviso di esclusione della custodia sui veicoli parcheggiati: se l’interesse concreto e prevalente dell’utente è quello di “concludere un contratto che gli assicura uno spazio per lo stazionamento del veicolo (…) purché l’avviso dell’esclusione della custodia sul veicolo sia apposto in modo da esser adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto …, si configura il contratto di parcheggio senza custodia”. Viceversa, “qualora invece l’utente intenda assicurarsi non solo l’utilizzazione dell’area, ma anche la conservazione e la restituzione del veicolo nello stesso stato in cui lo ha consegnato (…) si configura il contratto di parcheggio con custodia a cui è applicabile la disciplina sul deposito, contratto a struttura reale (…) perché funzione prevalente dei contratto ed obbligazione caratteristica del gestore del parcheggio è l’espletamento della custodia dell’auto” (cfr. S.U. sentenza n. 14319/2011 pag. 13 e 14 ).
Pertanto, anche a voler applicare tale precedente giurisprudenziale, la convenuta risulterebbe comunque responsabile ex recepto per il furto del veicolo, attesa la mancanza di uno specifico avviso concernente l’esclusione della custodia sui veicoli parcheggiati.
Al contrario, come risulta dalle foto allegate da parte attrice, sul luogo era presente esclusivamente un cartello recante la scritta “AREA PRIVATA P RISERVATO CLIENTI GARAGE”, indicante dunque la natura privata del parcheggio e la sua destinazione ai clienti dell’A. (cfr. foto 9 sub doc. 11 parte attrice), e dunque tale da fondare un affidamento negli utenti del parcheggio medesimo circa la custodia dei veicoli ivi collocati.
Conseguentemente, per le ragioni esposte, la convenuta dev’essere ritenuta responsabile del furto e dunque tenuta a rimborsare ex art. 1916 c.c. la compagnia assicurativa della somma di Euro 30.402,00, pari a quanto corrisposto dall’attrice al Sig. A. come indennizzo per il furto dell’Autocaravan (cfr. doc. 6 di parte attrice).
Quanto invece alle contestazioni di parte convenuta concernenti il quantum debeatur, si evidenzia che le stesse risultano generiche ed errate: la convenuta lamenta come eccessiva la quantificazione di un indennizzo pari ad Euro 34.402,00, laddove in realtà l’attrice ha chiesto la restituzione della diversa e minor somma di Euro 30.402,00, come documentato al doc. 6 di parte attrice (da cui risulta un bonifico di pagamento a favore del Sig. A. per Euro 30.402,00).
Si rileva anche la mancanza di una quantificazione alternativa offerta dalla convenuta, omissione che conferma la genericità e la pretestuosità della difesa della convenuta.
Si precisa, infine, che l’indennizzo corrisposto dall’attrice al Sig. A. (pari Euro 30.402,00) non appare maggiore di quanto previsto dalle condizioni contrattuali di polizza: in base a tali condizioni, infatti, la polizza avrebbe dovuto coprire il valore del veicolo dichiarato dall’assicurato (Euro 38.000,00) al netto dello scoperto del 10% (cfr. pag. 1 doc. 1 di parte attrice).
5. Conclusioni.
Per le ragioni sopra esposte, la convenuta dev’essere ritenuta responsabile del furto in questione e dev’essere condannata al rimborso di V.A. nella misura dell’indennizzo corrisposto al Sig. A..
A tale somma vano corrisposti rivalutazione monetaria ed interessi legali, posto che “Il credito vantato dall’assicuratore contro i danni che si sia surrogato al proprio assicurato nei diritti di quest’ultimo verso il terzo responsabile ha natura di obbligazione di valore, costituendo la surrogazione una successione a titolo particolare nel diritto del danneggiato verso il responsabile, che non ne muta la natura. Da ciò consegue che all’assicuratore il quale agisca in surrogazione spetta la rivalutazione monetaria del credito maturata tra il pagamento dell’indennizzo e la sentenza” (cfr. Cass. sentenza n. 1336/2009).
Trattandosi di debito di valore, sulla somma sopra indicata -espressa in moneta attuale- sono così dovuti gli interessi legali e rivalutazione monetaria per la ritardata corresponsione dell’equivalente pecuniario del danno, posto che, nelle obbligazioni di valore, il debitore è in mora dal momento della produzione dell’evento di danno; peraltro, avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell’interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma devono essere computati sulla somma originaria che via via si incrementa, a partire dal livello iniziale sino a quello finale, nei singoli periodi trascorsi, a far data dal 13 ottobre 2010 (pagamento dell’indennizzo) al saldo effettivo.
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, sulla scorta del D.M. n. 55 del 2014 e tenuto conto del valore della controversia.
Posto che il valore della controversia (Euro 30.402,00) si discosta di poco dall’importo minimo dello scaglione applicabile (Euro 26.001,00 – Euro 52.000,00) appare congruo e proporzionato al valore della causa stessa liquidare le spese di lite applicando i valori minimi del predetto scaglione.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, così decide:
1) accoglie le domande di parte attrice;
2) accerta e dichiara la responsabilità di parte convenuta per il furto del veicolo Autocaravan Giottiline Therry T40, tg. (…) di proprietà del signor A.A. verificatosi in data 10.7.2010 presso la sede dell’A.C. s.r.l. in C., via G. D. V. 10;
3) condanna parte convenuta al pagamento in favore di parte attrice di Euro 30.402,00 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal 13.10.2010 all’effettivo soddisfo, secondo le modalità di conteggio meglio indicate in motivazione;
4) condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite in favore di parte attrice, che si liquidano in Euro 545,00 per spese esenti ed Euro 3.972,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge.
Così deciso in Milano, il 21 aprile 2020.
Depositata in Cancelleria il 22 aprile 2020..